Pfizergate, il Tribunale dell’Ue accusa von der Leyen e la Commissione europea: “Non hanno dato spiegazioni credibili”

Bruxelles – Schiaffo del Tribunale dell’Ue a Ursula von der Leyen sul cosiddetto Pfizergate. I giudici di Lussemburgo danno ragione al New York Times e annullano la decisione con cui la Commissione europea ha respinto l’accesso agli sms scambiati tra la presidente e l’amministratore delegato di Pzifer, Albert Bourla, per l’acquisto di milioni di dosi di vaccini durante la pandemia di Covid-19. Non basta affermare di non essere in possesso dei documenti richiesti, si legge nella sentenza. L’esecutivo Ue avrebbe dovuto “fornire spiegazioni credibili” per dimostrare perché tali documenti siano irreperibili. E non l’ha fatto.
Riavvolgiamo il nastro: nel pieno della crisi sanitaria, a novembre 2020, la Commissione e la sua presidente von der Leyen hanno iniziato a puntare sui sieri di Pfizer – oltre a quelli di Moderna, AstraZeneca, Novavax – per dare il via all’imponente campagna vaccinale. A gennaio 2021 l’acquisto per 300 milioni di dosi Pfizer, a cui si aggiungono acquisti per ulteriori 100 milioni di dosi ad aprile. Pochi giorni dopo l’annuncio di un altro contratto. Tante dosi, tanti soldi in ballo. Matina Stevis-Gridness, giornalista del New York Times, chiede di visionare la corrispondenza tra i principali protagonisti di questa storia, la presidente della Commissione e l’amministratore delegato di Pfizer. Un accesso negato perché, sostiene Bruxelles, i messaggi di testo non sono disponibili.
La Commissione europea non nega lo scambio di messaggini tra von der Leyen e Bourla, sottolineando che si trattava di una “situazione senza precedenti” e che non esisteva al tempo alcuna legislazione per contratti di quel tipo con le industrie farmaceutiche. Ma i messaggini “servivano solo per velocizzare la comunicazione“, spiegano a Bruxelles. Non sono stati archiviati perché non contenevano nulla di rilevante.
Nella sentenza emessa oggi (15 maggio), i giudici di Lussemburgo osservano che le risposte fornite dalla Commissione nel corso dell’intero procedimento in merito ai messaggi di testo richiesti si basano “o su ipotesi, oppure su informazioni mutevoli o imprecise“. D’altra parte, il quotidiano newyorkese ha presentato “elementi pertinenti e concordanti che descrivono l’esistenza di scambi, in particolare sotto forma di messaggi di testo, tra la presidente della Commissione e l’amministratore delegato di Pfizer nell’ambito dell’acquisto di vaccini durante la pandemia di Covid-19″.
La figuraccia è servita: l’esecutivo Ue “non ha spiegato in dettaglio quale tipo di ricerche avrebbe effettuato per trovare tali documenti” e in generale “non ha fornito spiegazioni plausibili per giustificare il non possesso” degli Sms incriminati. Un altro passaggio fondamentale: la Commissione non ha chiarito se i messaggi tra von der Leyen e Bourla fossero stati eliminati e se l’eliminazione sia stata effettuata “volontariamente o automaticamente”. E se il telefono della leader Ue “sia stato nel frattempo sostituito”. La difesa della Commissione fa acqua da tutte le parti, dal momento che – rileva ancora il Tribunale – “non ha neppure spiegato in modo plausibile perché essa avrebbe ritenuto che i messaggi di testo scambiati non contenessero informazioni sostanziali“.
Bruxelles, che può impugnare la sentenza presso la Corte di Giustizia Ue entro due mesi e dieci giorni, per ora prende tempo. In una nota tanto prudente quanto enigmatica, afferma di voler “esaminare attentamente la decisione del Tribunale” prima di “decidere in merito alle prossime iniziative“. E di “adottare una nuova decisione che fornirà una spiegazione più dettagliata”.
Le reazioni della politica e della società civile
“Il pesce puzza dalla testa”, è l’attacco durissimo di Zoltan Kovacs, portavoce del governo ungherese di Viktor Orbán. Il capodelegazione della Lega al Parlamento europeo, Paolo Borchia, ha commentato: “Un’umiliazione per l’Europa, che predica bene, ma razzola male, minando la credibilità delle sue stesse istituzioni nel momento in cui dovrebbe riconquistare la fiducia degli europei”.
Agli antipodi dell’Aula di Bruxelles, ma sulla stessa linea, il copresidente del gruppo The Left, Martin Schirdewan, per cui “l’umiliazione” di von der Leyen “è una vergogna per la Commissione europea”. Secondo Schirdewan, von der Leyen “deve pubblicare immediatamente la cronologia delle chat per evitare ulteriori danni all’Ue e alla credibilità della politica europea”. Per Tilly Metz, eurodeputata dei Verdi che ha citato in giudizio la Commissione per la trasparenza dei contratti, “la sentenza odierna dimostra chiaramente che la trasparenza e la responsabilità democratica non devono essere esercitate a porte chiuse nell’Unione europea”.
Transparency International Eu, organizzazione che promuove l’integrità, trasparenza e responsabilità in tutte le istituzioni, politiche e normative dell’Unione europea, ha dichiarato in una nota che “questa sentenza va oltre la trasparenza: si tratta di ripristinare la responsabilità istituzionale che è gravemente mancata alla Commissione europea”.
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