La BCE avverte: possibile inasprimento della politica monetaria per rispondere agli effetti dei dazi di Trump

Settembre 22, 2025 - 16:30
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La BCE avverte: possibile inasprimento della politica monetaria per rispondere agli effetti dei dazi di Trump

Bruxelles – I dazi voluti dal presidente degli Stati Uniti di Donald Trump (e accettati praticamente passivamente dall’UE) avranno impatti, sull’economia globale, sull’economia reale e anche sulle scelte che la Banca centrale europea sarà chiamata a fare da qui in avanti, e non solo per rispondere agli effetti delle nuove relazioni transatlantiche. E’ la stessa BCE, attraverso uno studio sui possibili effetti contagio dell’accordo siglato a fine luglio, e non solo quello, ad avvertire sugli scenari, tutti negativi, per i mesi a venire.

Innanzitutto, avvertono i tecnici di Francoforte, si prevede che “l’introduzione di dazi doganali di ampia portata da parte degli Stati Uniti nel 2025 rimodellerà i flussi commerciali globali e avrà un impatto negativo sull’attività economica, con ritorsioni da parte dei partner commerciali che dovrebbero aggravare tali effetti”. Oltre alla loro influenza immediata sui volumi commerciali e sui livelli dei prezzi, i dazi operano attraverso una varietà di meccanismi interconnessi che ne amplificano le conseguenze macroeconomiche, e tra questi meccanismi figura anche il ruolo del dollaro statunitense.

In presenza preminenza della valuta USA nel commercio internazionale, si sottolinea, “la trasmissione dei dazi ai prezzi delle importazioni è significativa e la capacità del tasso di cambio di ammortizzare gli shock risulta alterata”. Cosa vuol dire, questo, nella pratica? Per gli Stati Uniti, dove le importazioni sono in gran parte prezzate nella propria valuta, “l’apprezzamento reale del dollaro non offre alcun sollievo compensativo dai maggiori costi di importazione, che si ripercuotono direttamente sui prezzi alla produzione e al consumo“. Per altre economie, inclusa quella dell’eurozona e dei suoi membri, il deprezzamento della valuta rispetto al dollaro può mitigare il calo della competitività delle esportazioni, ma contemporaneamente “alimenta l’inflazione importata, complicando la risposta della politica monetaria“.

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In questo contesto, la risposta della politica monetaria emerge come un fattore determinante per l’impatto macroeconomico finale. Al momento le simulazioni di riferimento disponibili all’interno della BCE, che presuppongono che le banche centrali puntino al contenimento dell’inflazione, mostrano che “la pressione inflazionistica derivante dai dazi richiede un inasprimento delle politiche sia negli Stati Uniti che nell’area dell’euro“. Il che vuol dire aumento dei tassi di interesse, con tutte le ricadute del caso, prime fra tutte la difficoltà a pagare mutui e prestiti per via di rate più onerose. Questa risposta di politica monetaria, dunque, rischia di gravare su consumi interni e crescita.

L’ago della bilancia rischia di diventare la CinaLa fluttuazione controllata del renminbi da parte della Repubblica popolare cinese e il sostanziale rialzo dei prezzi all’esportazione denominati in dollari influenzano l’andamento economico. Innanzitutto si va incontro a un’inflazione contenuta che consente un orientamento più accomodante delle politiche monetarie per attutire il calo del Prodotto interno lordo (PIL). Le analisi condotte dalla BCE rilevano che quadri di politica monetaria alternativi, come il rialzo dei prezzi alla produzione o l’inflazione a lungo termine, potrebbero attenuare gli effetti negativi sul PIL riducendo l’impulso immediato agli aumenti dei tassi di interesse, sebbene ciò avvenga a scapito di un’inflazione complessiva più elevata nel breve periodo.

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Redazione Italia24 News