Caso Garlasco, la Procura Generale accusa: “Stasi condizionò le indagini”

Nel 2017 la Procura Generale di Milano scriveva: “Stasi ha influenzato le indagini”. Il fascicolo ora a Pavia: “I dati su Andrea Sempio erano già stati valutati”. Nuove ombre su un caso ancora aperto nella memoria pubblica.

Giugno 4, 2025 - 20:13
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Caso Garlasco, la Procura Generale accusa: “Stasi condizionò le indagini”

PAVIA – Un appunto interno della Procura Generale di Milano, datato 2017 e riemerso oggi nell’ambito delle indagini riaperte a Pavia sul caso Garlasco, accende nuove polemiche attorno alla figura di Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi. Secondo quanto riportato nel documento, Stasi avrebbe "sistematicamente condizionato le indagini" sin dalle prime fasi dell’inchiesta.

Il riferimento diretto è alle presunte anomalie investigative legate alla figura di Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, tornato sotto i riflettori dopo l’istanza di revisione del processo presentata dalla difesa di Stasi. Ma secondo la Procura Generale, i dati relativi a Sempio – inclusi tabulati e DNA – sarebbero già stati acquisiti, analizzati e valutati nel corso dell’inchiesta originaria, senza riscontri utili a modificarne l’impianto.

“Le informazioni su Sempio non costituiscono elementi nuovi, ma dati già vagliati”, si legge nel documento visionato in queste ore dagli inquirenti pavesi.

Il fascicolo è stato trasmesso per competenza alla Procura di Pavia, dove si valuta la sussistenza di eventuali nuovi elementi che potrebbero giustificare la riapertura del processo o, più verosimilmente, l’indagine su soggetti terzi.

In quel testo del 2017, la Procura Generale sottolineava anche la strategia difensiva di Stasi, che, nel tentativo di smontare le accuse a suo carico, avrebbe sollevato piste alternative senza però fondamento oggettivo: “Un comportamento che ha generato cortine di fumo e disorientato l’opinione pubblica”, secondo quanto scrivono i magistrati.

Una vicenda ancora viva

Il caso Poggi, a quasi vent’anni dai fatti (era il 2007), continua a far discutere. E se da un lato la condanna di Alberto Stasi appare consolidata dopo tre gradi di giudizio, dall’altro emergono ancora oggi movimenti attorno al caso, complice anche l’attenzione mediatica e le ripetute richieste di revisione.

Fonti vicine all’ambiente giudiziario pavese confermano che la Procura non intende sottovalutare nessuna pista, ma ribadiscono anche che ogni elemento dovrà essere "nuovo, concreto e rilevante", secondo quanto prevede il codice di procedura penale, per poter realmente mettere in discussione il verdetto.

Nel frattempo, si attendono sviluppi ufficiali, mentre i familiari di Chiara Poggi chiedono silenzio e rispetto per una vicenda che ha segnato in modo irreversibile due comunità: quella di Garlasco e quella giudiziaria italiana.

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Redazione Italia24 News