Dall’Agenzia dell’ambiente europea (quasi) solo brutte notizie

Bruxelles – Lo stato dell’ambiente in Europa non è buono. Questo è quanto emerge dalla ricerca quinquennale dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), “Ambiente e clima in Europa: conoscenza per resilienza, prosperità e sostenibilità“. Nel Continente la biodiversità si riduce, la natura continua a subire gravi sfruttamenti e il cambiamento climatico sta mettendo a repentaglio numerosi ecosistemi. L’Europa del Sud è la più colpita. Secondo i dati dell’EEA, dal 1980 al 2023 ogni italiano ha speso in media circa 2.330 euro per far fronte a eventi catastrofici legati al cambiamento climatico.
Questi sono solo alcuni dei problemi emersi dalla “più completa ricerca sul tema” finanziata dall’Unione Europea. Gli sforzi comunitari per diminuire gli effetti del cambiamento climatico iniziano a vedersi, ma “i progressi mostrano che dobbiamo fare ancora molto”, ha affermato in conferenza stampa la vicepresidente della Commissione Europea, Teresa Ribera.
NEW EU Report finds Europe’s environment is in poor shape:
Nature continues to degrade
Biodiversity is declining
️Europe is warming faster than any other regionFind out more with today’s #EuropesEnvironment2025 report by @EUEnvironment
https://t.co/psRsc8alOZ pic.twitter.com/jcdHeJOalx
— EU Environment (@EU_ENV) September 29, 2025
Sempre più caldo, sempre più danni
Entrando nel dettaglio del rapporto, emergono quasi esclusivamente cattive notizie. L’Europa è il continente che si riscalda più rapidamente al mondo. L’aumento delle temperature ha causato dal 1980 a oggi circa 240.000 morti e 738 miliardi di euro di perdite economiche. La biodiversità è in grave pericolo: l’81 per cento degli habitat protetti è in cattivo stato e il suolo risulta degradato per il 60-70 per cento.
Problemi che si riflettono anche nelle falde acquifere, dove il 62 per cento delle acque disponibili non è in buono stato. Il report sentenzia: “i precedenti obiettivi politici non sono stati raggiunti e quelli fissati al 2030 appaiono difficili da conseguire”. I sistemi alimentari restano tra i più inquinanti. Nonostante la crescita di terreni dedicati alla coltivazione biologica, le emissioni non si sono ridotte in modo significativo.
In ambito agricolo, la situazione è di a un cane che si morde la coda: il cambiamento climatico peggiora le condizioni in cui gli agricoltori devono operare e, per rispondere a queste difficoltà, essi aumentano l’utilizzo di prodotti chimici per rendere più resilienti le coltivazioni.
“Questo è senza dubbio uno dei punti più complessi per il futuro – ha aggiunto in conferenza stampa la vicepresidente Ribera –. Dobbiamo riflettere su quali soluzioni possano rendere sostenibile l’agricoltura e su come sfruttare la terra in maniera più sostenibile, ad esempio con lo stoccaggio di anidride carbonica nel sottosuolo”. Una possibile via, per migliorare l’approvvigionamento di cibo dei 450 milioni di europei, è stata indicata dalla commissaria per l’Ambiente, Jessika Roswall: “Dobbiamo diminuire lo spreco e cambiare il nostro sistema alimentare, collegandolo all’idea di economia circolare”.
L’impegno europeo
L’Unione Europea, attraverso il Green Deal, sta cercando di attuare politiche che la rendano “un leader mondiale nella transizione climatica, riducendo l’impatto delle abitazioni, l’uso di energia fossile e raddoppiando la quota di rinnovabili fin dal 2005”. Non si può negare l’impegno comunitario, che sta ottenendo risultati parziali: miglioramento della qualità dell’aria, con una riduzione del 45 per cento delle morti premature legate al particolato, e crescita dell’uso di energia sostenibile, arrivata oggi a circa il 30 per cento dell’approvvigionamento totale.
La riduzione delle emissioni fossili, sia per il fabbisogno degli edifici che nell’industria, è stata negli ultimi vent’anni (2005-2023) del 35 per cento: un dato significativo, ma solo parzialmente in grado di modificare gli scenari. L’Europa resta ancora “fossile”, con il 70 per cento dell’energia che proviene da fonti non sostenibili.
Le strade per l’adattamento
In uno scenario così complesso, tra i funzionari europei si inizia a parlare con più forza di “adattamento”. Questo è il nuovo diktat per fronteggiare le emergenze climatiche che ogni anno colpiscono soprattutto il Sud del Continente.
Teresa Ribera, spagnola e sensibile ai problemi di quest’area, ha ricordato l’importanza di “anticipare gli scenari e preparare le persone a questi eventi catastrofici. Dobbiamo utilizzare al meglio le nostre capacità, come ad esempio Copernicus (il programma europeo di osservazione della Terra) e formare i cittadini per renderli pronti a reagire”. Il Mediterraneo è la zona più fragile, come ha ribadito la direttrice dell’EEA, Leena Ylä-Mononen: “È il punto caldo del cambiamento climatico. Eventi estremi portano a gravi picchi di siccità”. Un problema quello della scarsità d’acqua che coinvolge circa un terzo della popolazione dell’Unione.
Lo scenario peggiora in Italia
L’Italia è al centro di questo fenomeno estremo. Secondo il documento, “si prevedono significative riduzioni delle rese di grano a causa della siccità”, per via dell’aumento medio delle temperature di circa +2 °C. Il nostro Paese presenta zone altamente inquinate, come la Pianura Padana, equiparabile alle aree più compromesse dell’Europa orientale. Inoltre, la richiesta di energia necessaria per il raffreddamento degli edifici sta aumentando in modo rilevante, causando un incremento della domanda energetica anche nei mesi estivi.
Pochi i motivi per gioire: tra questi una netta riduzione dell’uso di energia fossile, che entro il 2030 sarà sostituita per il 38 per cento da fonti rinnovabili, e un’agricoltura biologica all’avanguardia. Siccità e inondazioni causati da eventi estremi, stanno in ogni caso riducendo i terreni coltivabili.
Questi episodi sono l’elemento che più preoccupa l’UE, visto le (non più irrilevanti) perdite economiche collegate. La tendenza italiana, dal 2016 in avanti, mostra un aumento delle spesa per far fronte ai danni da eventi meteorologici estremi ad un ritmo superiore rispetto al trend europeo. In prospettiva, si afferma sul report, questo non potrà che peggiorare visto l’aumento delle temperature. I motivi sono diversi ma sul nostro Paese pesano, senza dubbio, la conformazione orografica e la centralità nel Mediterraneo, facendo della Penisola un’ecosistema fragile e da tutelare. Le buone notizie, insomma, possono aspettare. Il rapporto dell’EEA non lascia spazio a equivoci.
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