La Palestina divide l’Europa, producendo fratture anche all’interno dei governi nazionali

Agosto 4, 2025 - 18:00
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La Palestina divide l’Europa, producendo fratture anche all’interno dei governi nazionali

Bruxelles – Lo scossone provocato dalla fuga in avanti di Emmanuel Macron sul riconoscimento dello Stato palestinese sta continuando a generare onde d’urto in tutto il Vecchio continente. La mossa dell’Eliseo ha spinto altri Paesi europei alla rincorsa e ne ha spinti altri a mettere in discussione posizioni mantenute per decenni. In alcuni casi, come in Finlandia, la questione ha innescato dissidi tra gli alleati di governo.

Era la sera del 24 luglio quando il presidente francese Emmanuel Macron ha colto mezzo mondo di sorpresa annunciando che Parigi avrebbe riconosciuto formalmente lo Stato di Palestina alla prossima assemblea generale delle Nazioni Unite, in calendario dal 9 al 23 settembre. Intanto, al Palazzo di vetro di New York si è svolta la scorsa settimana la conferenza Onu sulla soluzione a due Stati della questione israelo-palestinese, tramite la quale Francia e Arabia Saudita hanno cercato di spingere il maggior numero di Paesi possibile a riconoscere ufficialmente la Palestina.

Da allora, l’annuncio di monsieur le Président sembrerebbe aver increspato la calma piatta della diplomazia internazionale, e soprattutto di quella europea: a stretto giro hanno seguito le orme della Francia anche il Regno Unito e Malta, e pare che persino in Germania – la più intransigente alleata di Israele nel Vecchio continente – si stia muovendo qualcosa negli ultimi giorni.

In Finlandia, la questione rischia addirittura di mettere in crisi il governo. La ministra degli Esteri di Helsinki, Elina Valtonen (liberal-conservatrice del Kok), ha dichiarato di aver firmato un impegno congiunto in sede Onu per il riconoscimento dello Stato palestinese. Gli alleati della coalizione, i cristiano-democratici del Kd e la destra radicale dei Veri Finlandesi (Ps), hanno puntato i piedi protestando per la mancata consultazione e sostenendo che i tempi non siano maturi.

Elina Valtonen
La ministra degli Esteri finlandese Elina Valtonen (foto: Mikko Stig/Afp)

Il presidente della Repubblica, Alexander Stubb, si è mostrato aperto rispetto alla mossa di Valtonen, mentre il premier Petteri Orpo, anche lui del Kok, ha provato a gettare acqua sul fuoco: “Valuteremo attentamente la nostra posizione” in vista dell’assemblea Onu, ha promesso. Ma le spinte centrifughe potrebbero dimostrarsi difficili da gestire, finendo per minare la stabilità del governo.

Anche in Belgio, le forze dell’esecutivo sono divise sul tema: i liberali francofoni di Mr e gli ultranazionalisti fiamminghi dell’N-Va sono contrari, mentre i cristiano-democratici francofoni di Le e gli altri due partiti fiamminghi, i cristiano-democratici (CD&V) e i socialisti (Vooruit), difendono l’opportunità del riconoscimento.

A conti fatti, il riconoscimento della Palestina come nazione sovrana rappresenta un gesto simbolico, un messaggio politico rivolto al governo israeliano che non basta da solo a modificare la realtà sul campo. Fintantoché Tel Aviv non riconoscerà la statualità palestinese, uno Stato di Palestina non vedrà mai la luce. Ma è se la lista di Paesi che riconoscono la Palestina si allunga fino a includere addirittura membri del G7 come la Francia, il Regno Unito e potenzialmente la Germania, il gesto simbolico può tradursi in concreta pressione politica.

Secondo il diritto internazionale, ad ogni modo, il riconoscimento di uno Stato è un atto unilaterale che non porta con sé alcuna conseguenza giuridica, soprattutto rispetto ai Paesi che continuano a non riconoscere lo Stato suddetto. La personalità giuridica di una nazione dipende più che altro dall’effettiva autonomia e indipendenza dimostrata nel contesto delle relazioni internazionali, inclusa la capacità di difendere efficacemente i propri confini.

Attualmente, sono 147 gli Stati membri dell’Onu che riconoscono la Palestina, su un totale di 193 Paesi. Tra questi ci sono undici membri Ue (Bulgaria, Cechia, Cipro, Irlanda, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria), ma nessuna nazione del G7. La Francia potrebbe essere il primo, il tal senso, con il Canada pronto a seguire a patto di elezioni libere in Palestina nel 2026, senza Hamas. Un futuro Stato palestinese dovrebbe sorgere, teoricamente, sui territori di Gaza e della Cisgiordania (inclusa Gerusalemme Est), tutti occupati illegalmente da Israele sin dalla guerra dei Sei giorni del 1967.

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Redazione Italia24 News