La pseudoscienza dei "No Biogas": quando la disinformazione ostacola la transizione energetica
In Italia la lotta al biogas si basa spesso su dati distorti e allarmismi infondati. Scopri come la pseudoscienza alimenta la disinformazione e rallenta l’innovazione sostenibile.

In Italia, la corsa verso una transizione energetica più sostenibile si scontra sempre più spesso con una narrazione distorta, alimentata da una vera e propria pseudoscienza. Tra gli ostacoli emergenti, uno dei più rumorosi è rappresentato dai movimenti "No Biogas", che si oppongono alla realizzazione di impianti per la produzione di energia da biomasse e rifiuti organici.
Sotto la bandiera della tutela ambientale, questi comitati portano avanti campagne basate su dati parziali, interpretazioni scorrette e affermazioni prive di fondamento scientifico. Il risultato è un clima di sospetto che confonde l’opinione pubblica e ostacola lo sviluppo di tecnologie fondamentali per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili.
Un esempio emblematico riguarda le accuse secondo cui gli impianti a biogas sarebbero inefficaci dal punto di vista energetico. In molte comunicazioni, viene erroneamente incluso tra i “costi energetici” anche il consumo interno dell’impianto per funzioni come il riscaldamento e la miscelazione. Tuttavia, nella realtà operativa, gran parte di quell’energia è autoprodotta e reintegrata nel ciclo, rendendo il bilancio molto più favorevole di quanto venga raccontato.
Un altro argomento spesso strumentalizzato riguarda l’uso della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU). Alcuni attivisti sostengono che tali rifiuti possano essere usati liberamente negli impianti agricoli. In verità, il loro impiego è fortemente regolamentato e, se utilizzati, il digestato derivante verrebbe classificato come rifiuto, perdendo il valore agronomico e trasformandosi in un costo aggiuntivo per gli agricoltori.
La diffusione di queste mezze verità ha effetti concreti: ritardi nei permessi, proteste locali spesso basate su pregiudizi, e un rallentamento dell’adozione di fonti energetiche rinnovabili che, invece, potrebbero dare un contributo decisivo nella lotta al cambiamento climatico e nella valorizzazione dei sottoprodotti agricoli.
A fronte di questi fenomeni, diventa sempre più urgente il bisogno di una comunicazione chiara, basata su evidenze scientifiche. La transizione energetica non può permettersi di essere ostacolata da paure irrazionali o da letture fuorvianti. Serve un dibattito pubblico informato, che riconosca i limiti delle tecnologie, ma anche il loro potenziale reale, al di là delle ideologie.
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