Philip Morris punta sui dispositivi senza combustione. “Tra dieci anni molti Paesi non venderanno più sigarette”

Bruxelles – Philip Morris guarda al futuro e scommette sulle sigarette senza combustione. Questo il senso del discorso di Massimo Andolina, presidente europeo del colosso americano del tabacco, in occasione della conferenza stampa sull’impatto economico (tra il 2019 e il 2023) del gruppo nell’Unione Europea. “Mi aspetto che tra dieci anni diversi Paesi europei non vendano più sigarette”, ha dichiarato Andolina.
Una strada alternativa però Philip Morris l’ha già tracciata. “In dieci anni nel mondo – aggiunge il manager italiano – abbiamo spostato circa il 40 per cento del nostro fatturato verso soluzioni senza combustione. In Europa abbiamo fatto ancora meglio, arrivando a quota 46 per cento”. Le ambizioni per il futuro del gruppo sono quelle di seguire questo cammino, alzando l’asticella fino all’80 per cento.
A luglio, la Commissione Europea ha proposto una revisione della tassazione del tabacco. Lo scopo è quello di alzare le accise per armonizzare la fiscalità europea in materia di tabacco. Una modifica potenzialmente pericolosa per l’azienda americana. Andolina, però, si sofferma sull’aspetto positivo del testo: “Siamo felici che la Commissione riconosca che le sigarette senza combustione siano diverse da quelle tradizionali e dunque saranno tassate diversamente”.
In gioco ci sono gli interessi di tantissime persone nell’UE. Philip Morris è un gigante dell’economia comunitaria e lo si vede dai numeri presentati nel report. Secondo il rapporto, firmato Ernst & Young e presentato oggi, la società, tra il 2019 e il 2023, ha contribuito all’economia dell’Unione per circa 289 miliardi. Certo, il calcolo è ampio e considera l’impatto diretto, il valore aggiunto e i proventi dalle tasse, ma resta un dato molto rilevante.
Alcune economie europee sono più influenzate dagli investimenti di Philip Morris rispetto ad altre. Una di queste è l’Italia, che si classifica come uno dei principali fornitori del gruppo grazie alla sua vasta produzione di tabacco. Nei cinque anni analizzati, l’acquisto da produttori italiani è ammontato a circa 377 milioni di euro, generando un export pari a 1,8 miliardi di euro. Inoltre, nel nostro Paese, più di 2.700 persone lavorano per la società americana, su un totale europeo che si aggira intorno alle 21.500 unità.
Negli ultimi anni, nonostante alcune campagne contro il fumo, Philip Morris ha presentato bilanci sempre in positivo. Questo, grazie a un’intelligente transizione verso un’“era senza fumo”, un processo graduale che, per Andolina, “genera un cambiamento reale e positivo, guidato dall’Europa”.
Gli interessi dell’industria del tabacco si scontrano però con le esigenze delle istituzioni. Nella proposta fatta dalla Commissione al Consiglio durante l’estate, l’organo europeo ha annunciato la volontà di aumentare le accise, considerate attualmente “poco aggiornate” e “prive di efficacia”.
L’obiettivo di Palazzo Berlaymont presentato a luglio “è quello della lotta contro il cancro, che prevede che meno del 5 per cento della popolazione faccia uso di tabacco entro il 2040. La prevalenza del fumo nell’UE è attualmente ancora al 24 per cento”. La volontà è quella di colpire non solo le sigarette tradizionali, ma anche le nuove alternative. L’approccio proposto è quello di creare una categoria generica per tutti gli altri prodotti contenenti nicotina, in modo da aggiornare il quadro dell’UE agli sviluppi del mercato e chiudere eventuali lacune. Si attendono novità dal Consiglio.
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